Parla Paolo Picchio, presidente delle fondazione dedicata alla figlia Carolina, vittima delle vilenza online, a cui è dedicata la prima legge in Europa sul cyberbullismo
"Le parole fanno più male delle botte. Ciò che è accaduto a me non deve più succedere a nessuno": è questo il testamento che la 14enne Carolina Picchio ha lasciato a suo padre e non solo. Era il 2013 quando la ragazza decise di togliersi la vita: "Carolina è una ragazza intelligente, altruista, sportiva e sognatrice, ma quella notte la fragilità di adolescente prende il sopravvento si toglie la vita - racconta suo padre Paolo Picchio, ormai noto come papà Picchio, sul sito della fondazione a lei dedicata -. Troppo grande l'umiliazione di vedersi in un video mentre, priva di coscienza, dei suoi coetanei giocavano con il suo corpo mimando atti sessuali. L'odio è tutt'altro che virtuale, come il dolore e la sofferenza. Troppo pesante leggere tutti quegli insulti postati sui social che rilanciano quelle stesse immagini terribili. Eppure al centro delle offese, migliaia di commenti da gente che neanche conosceva, c'era lei. Proprio lei, che neppure ricordava quel che fosse accaduto durante quella festa di un paio di mesi prima".
"La nostra azione si articola su tre pilastri fondamentali: prevenzione, ricerca e supporto. La prevenzione coinvolge attività di sensibilizzazione e formazione rivolte ai giovani, agli operatori scolastici e ai genitori, al fine di promuovere comportamenti consapevoli e responsabili nell'uso della tecnologia. La ricerca è volta a studiare e monitorare i nuovi fenomeni digitali, per mantenere sempre aggiornata la nostra comprensione del contesto digitale in continua evoluzione. Infine, il supporto offre un'assistenza gratuita diretta ai giovani in difficoltà, attraverso un team interdisciplinare di esperti pronti a intervenire in caso di emergenza o devianze online", spiega Zoppi.
Come arrivate alle persone, ai ragazzi?
Prevalentemente attraverso le scuole. Ogni anno incontriamo circa 90.000 ragazzi e purtroppo se arriviamo a 15.000 genitori facciamo festa. Manca la presa di coscienza del ruolo educativo dei genitori su questo tema. Basta pensare che il regalo più gettonato per la prima comunione è lo smartphone: serve una riflessione. Così, per raggiungere più famiglie possibile abbiamo fatto una partnership con le principali associazioni di pediatri per far fare loro un bilancio sul tema della digitale: le famiglie possono non venire ai nostri incontri nelle scuole ma dal padiatra ci devono andare per forza.
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