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18/04/2024

Ancora un altro giorno”, il romanzo del male oscuro alla ricerca dell’umanità

Giovanni Mosca racconta il doppio spaesamento della depressione e della migrazione

«Non solo il giorno, ma tutte le cose hanno il loro mattino» dice un proverbio francese. E Giovanni Mosca imprime questa verità semplice, profonda e rivelatrice nel suo libro Ancora un altro giorno dove intreccia il racconto dello spaesamento della depressione e quello dello sradicamento della migrazione mentre narra la sfida con quel tedium vitae che aggredisce il nostro destino sempre incerto ma condannato all'azione, ad un lavoro che realizza, ma al contempo riduce ad un ruolo «senza alcuna colorazione individuale, senza connessioni effettive alla persona, all'unicità come essere vivente».

Il male oscuro stritola con le sue spire potenti che non si sa come emergono e da dove originano, perché ha radici neurofisiologiche e psichiche misteriose che ne rendono difficile la cura. Ma le pagine dense e tenere di Giovanni Mosca rivelano accanto la chiarezza disarmante di questo disagio tenebroso e della necessità di sfidarlo, andando oltre se stessi e la quotidianità.

MOSAICO

Così Mosca cerca di ricomporre il mosaico di piccoli tasselli, dorati e opachi, che almeno tengono unita l'esistenza limitando la sua irreversibile fuggevolezza, l'oblio che cala sugli amori persi, sulle esperienze vissute, sugli inganni subiti. Così acquistano un'aura rigeneratrice la chiamata alla madre ogni mattina alle 7.30, riconoscere con candore disarmante come lei ha sopportato sempre il suo «carattere difficile» e le sue «nevrosi mattutine»; vedere i contorni della stanza mentre sta a letto; andare al di là del piccolo e angusto spazio quotidiano, aprirsi al desiderare, al motore propulsivo della vita, «risalire alle pendici di un malessere della vita».

EMPATIA

Così emerge una dimensione corale di empatia per le vite che gli stanno attorno come sottolinea Gianni Riotta nella sua profonda prefazione dove cita Nietzsche: «Quando guardi a lungo in un abisso, anche l'abisso ti guarda dentro». Mosca risponde all'abisso con la sapienza delle relazioni e delle piccole cose. Non solo la moglie Francesca e la figlia Costanza, incarnazioni della cura, ma le altre vite toccate da uno sguardo che si proietta in un vastissimo viaggio verso il Nord Africa. E incontra quello del clandestino Jamil fuggito dal Niger e di Aisha che lo rimpiange, pronta a fuggire anch'essa dalla guerra, alle persecuzioni razziali, ai soprusi, allo stupro. In Ancora un altro giorno c'è un pathos universale che riconcilia l'umanità ferita alleviando le sofferenze personali in una catena di immedesimazione, in uno sguardo che va oltre. A cosa prelude questo intreccio?

SOFFIO

Il finale è emozionante, ma a noi basta lasciare al suo mattino quell'uomo che, guardando il Mediterraneo da Lampedusa, riscopre l'essenza della vita: «Solo RESPIRO, quel respiro che ho sempre sottovalutato, il soffio vitale che non ho mai imparato a conoscere e a utilizzare veramente: adesso mi è necessario per soffermarmi a non pensare, per essere diverso da come ero diventato. Ora sono un po' più solo, ma più libero».

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